Mi è stato chiesto oggi da una simpatica bimba di quattro anni che lavoro facevo. Le ho risposto che facevo l’attore. Prontamente mi ha chiesto che cosa fa un attore. Le ho detto…recita! Bene, non contenta mi ha domandato che cosa fosse la recitazione. Bhe, che dire? Che risponderle? Lì per lì non mi andava di dirle che fosse un semplice “far finta di”, lo trovavo riduttivo. Le ho detto che la recitazione era un gioco (in effetti, in inglese molto pragmaticamente si dice “to play“, giocare o “to act“, agire; in tedesco si dice “spiele“, giocare), un modo per raccontare delle storie, le stesse storie che la mamma legge quando lei va a nanna. Ma la piccola non era pienamente soddisfatta della risposta. E neppure io.
In effetti la recitazione (o meglio, l’interpretazione) è un’arte complessa e sfugge ad una definizione puntuale e precisa. Eppure quasi tutti possono distinguere una buona da una cattiva interpretazione, o addirittura capire quando la recitazione diviene fantastica, brillante, unica. Perché?
Perché un attore incanta in quel ruolo, in quel testo, in quel film, mentre un altro attore che recita nello stesso testo e nello stesso ruolo è insipido e monotono? Eppure fa le stesse cose, recita le stesse battute, lo stesso personaggio…
Evidentemente non bastano le parole, non basta la grandezza e la bellezza del testo in sé, non basta. Altrimenti basterebbe solo leggerle e non sarebbe necessario fare molto altro. Queste stesse parole quindi bisogna agirle e portarle in vita attraverso la scena. Ed è questo il compito dell’attore.
E ogni attore sa che per portare vita in scena si scontrerà ogni giorno contro i propri limiti e le proprie pigrizie. Da qui parte un lungo processo di scoperta e comprensione di sé, quello che Stanislavskij chiamava “il lavoro dell’attore su se stesso”. Ed è talmente personale che ogni attore sviluppa un proprio metodo costruito ad hoc su di sé, partendo dalle lezioni dello stesso Stanislavskij, Vachtangov, Mejerchol’d, Michail Cechov, Strasberg, Meisner, Stella Adler, Lecoq, Grotowski e molti molti altri. Il tutto sta nel trovare il modo per sviluppare e potenziare il proprio talento.
Per voi, cos’è la vera recitazione (o meglio, lo ricordo, l’interpretazione)? In cosa consiste nel suo nucleo più profondo e interno? E se lo dovessimo spiegare ad una bambina di quattro anni, che le possiamo dire?
1 commento su “Ehi, fai l’attore? Cosa vuol dire? Cos’è la recitazione?”
che recitare è come avere una maschera di vetro, che devi pensare, agire come fa quella determinata persona , e poi una volta tolta la maschera ne metti un’altra, e fai ciò che fai come quella persona, trasmettere ciò che non sei , ma che sai fare. semplice bye bye…