Gli attori e la nobiltà (d’animo)

L’ultimo post parlava di attori e aristocrazia e devo dire che già qualcuno ha cominciato a storcere il naso. Ma come? Un attore deve essere aristocratico?! Ma Luca, che dici? Che scrivi? Non le dire, certe boiate!

Sì, lo so, sembra un po’ fuori dal coro ciò che sto dicendo, ma non mi sono ammattito, non sto diventando pazzo in questo mondo che si appresta al 2012.

Intendiamoci, un attore deve annusare le persone, comuni e non, deve viverle, osservarle, gustarle, tastarle, ascoltarle. E su questo non c’è ombra di dubbio. L’Attore è un Uomo , al suo stato più puro.

Il mondo aristocratico, dei nobili,

è un mondo che difende le tradizioni, difende le sue origini. Così dovrebbero fare gli attori: difendere le proprie tradizioni. Dobbiamo “rubare” questa forma mentis agli aristocratici.

Gli attori inglesi (parlo sempre a livello generale) hanno questo senso della tradizione (sarà colpa di Shakespeare e del suo teatro, sarà colpa della corona o forse sarà colpa della politica inglese), gli stessi attori americani questo senso ce l’hanno (anche se in maniera minore, grazie al mito costruito degli attori hollywoodiani, dell’Actor’s Studio & co.). In Italia questo senso è ridotto all’osso. Soprattutto negli ultimi dieci anni dove la Televisione ha abbassato gli standard nel campo attorale, a detta di critici ed esperti del settore. I reality show hanno creato massificato l’idea che la Televisione vuole te, come persona, vuole te così come sei punto e basta. In realtà la recitazione professionale non vuole te, vuole solo ciò che puoi fare di te. Sono sottigliezze? Non credo.

Gli attori senza il senso della storia (propria e del proprio mestiere) sono come medici che non sanno il giuramento di Ippocrate o, peggio, ne ignorano l’esistenza…Oggi il senso del passato viene annientato: meglio il real-time marketing, il bombardamento di notizie 24h su 24h, l’attesa per la prossima delizia tecnologica. Siamo come persone al bancone di un bar a cui continuano a versare acqua nel bicchiere, ma a cui non viene mai concesso il tempo il bere, né tantomeno di gustare quell’acqua.

I nobili hanno ancora un elemento di interesse, in questo senso: ossia il senso di continuità per gli oggetti (che si tramandano di generazione in generazione). In quel mondo gli oggetti hanno una storia, un loro tempo, sono connotati da un forte senso quindi, hanno assoluto valore e vengono trattati come tali. Hanno bellezza. Così in teatro, gli oggetti hanno valore. Non sono oggetti quotidiani.

Come le persone nobili, così gli attori vivono per le Idee. E queste Idee sono le parole dei drammaturghi e degli autori. Ma non devono essere trattate come semplici parole, ma come delle Idee. Con un peso, una potenza, una forza unica. Per questo quindi gli attori/le attrici sono persone nobili, che difendono grandi Idee. Sono persone che rispettano la storia, gli oggetti e il tempo. Sono persone che possono venire da tutti gli strati sociali, con vite e storie differenti, ma che condividono un animo nobile.

Uno degli attori più nobili del panorama italiano del recente passato è stato Gian Maria Volonté, la sua recitazione era straordinaria, viva, incarnava pienamente le Idee degli autori. Guardate qualche suo film se ne avete la possibilità. Uomo del Popolo, Attore nobile. Attore Unico.

La domanda che mi nasce ora è: qual è la tradizione attorale italiana? Come sono visti gli attori in Italia e all’estero? Da dove vengono? Come sono nati? Quante vicende, tante domande. Come diceva Brecht.

——-

Domande di un lettore operaio – di Bertolt Brechet 

Tebe dalle Sette Porte, chi la costruì? Ci sono i nomi dei re, dentro i libri. Son stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra?

Babilonia, distrutta tante volte, chi altrettante la riedificò? In quai case, ·di Lima lucente d’oro abitavano i costruttori?

Dove andarono, la sera che fu terminata la Grande Muraglia, i muratori? Roma la grande è piena d’archi di trionfo. Su chi trionfarono i Cesari? La celebrata Bisanzio aveva solo palazzi per i suoi abitanti? Anche nella favolosa Atlantide la notte che il mare li inghiottì, affogavano urlando aiuto ai loro schiavi. .

Il giovane Alessandro conquistò l’India. Da solo?

Cesare sconfisse i galli. Non aveva con sé nemmeno un cuoco?

Filippo di Spagna· pianse, quando la flotta gli fu affondata. Nessun altro pianse?

Federico II vinse la guerra dei Sette Anni. Chi, oltre a lui, l’ha vinta?

Una vittoria ogni pagina. Chi cucinò la cena della vittoria?

Ogni dieci anni un grand’uomo. Chi ne pagò le spese?

Quante vicende, tante domande.

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