Papà, t’ammazzo! I Maestri, Favino e una domenica mattina a Milano

Buongiorno a tutti voi che mi leggete. Buongiorno davvero. Oggi a Milano c’è il sole, l’aria è più fresca e c’è il blocco totale della circolazione delle auto. Sul mio pc sta suonando Ben Harper, Steve Jobs è morto da quattro giorni e Ibrahimovic è stanco e demotivato.

Ho letto i quotidiani e si parla sempre delle stesse cose: si parla di crisi economica e di guerre interne all’interno dei partiti politici italioti. Va bene, anzi, non va bene… Jah work is on the air – Così mi metto ad ascoltarla per un momento. Bellissima. E spulcio il web a colpi di mouse.

Ben si cheta e fisso la faccia di Pierfrancesco Favino. Il suo volto è tra le pagine del CorriereTV. Il titolo dell’intervista è: “Favino e De Sica: «Bello avere dei maestri, ma richiamo di res…” Boh, poi non si legge più…Ahia, Corriere, occhio, che mi combini! Ma lascio perdere le questioni di font (e forse anche di battitura) e vado avanti, ascoltiamo cos’ha da dire PFF (in coda il link di riferimento).

Ok, mmm…nei primi minuti si parla del suo nuovo lavoro tv: il generale Della Rovere, De Sica, il Neorealismo, Montanelli, blablabla. Ho già letto e sentito altro a proposito e quindi la cosa non mi interessa granché. Boh, andiamo avanti. Sono passati 3 minuti e sto pensando di mettermi a leggere un libro. Mi sa che si parla solo della miniserie, dei suoi contenuti e di quanto sia stato bello cimentarsi nel nuovo ruolo eccetera.

Alt, no, stop. Errore. Quando mancano 3 minuti e 50 alla fine dell’intervista qualcosa cambia. Si passa ad altro. E tocca tre argomenti davvero interessanti, anzi, direi uno più interessante dell’altro.

Il primo riguarda lui come attore, come professionista. Ossia come ha iniziato la carriera, come l’ha impostata? Bhe, la sua risposta è semplice: capire anzitutto quali generi poteva fare. Capire la propria specificità, insomma. “Puoi desiderare di fare il comico, ma se poi non hai i tempi…” O magari vuoi fare il drammatico, ma se poi non hai profondità ed elasticità emotiva in scena, diventa difficile. In poche parole il suo consiglio è: essere specifici e comprendere le proprie capacità. Che non vale solo per gli attori, a mio avviso, ma per tutti i professionisti. Siano essi avvocati o manager d’impresa.

Più avanti parla di impegno. Cos’è l’impegno? Quando una persona, un artista, un professionista, un attore si dice “impegnato”? Si ritiene un attore impegnato? PFF dice che dietro questo termine c’è molta mistificazione: “uno diventa intelligente, perché fa un film di un uomo intelligente, e non è vero […]Diventi comico se fai un film con un regista che sa essere brillante, e non è vero nemmeno questo. I personaggi possono essere brillanti…”. L’attore non lo è necessariamente o per osmosi.  Il drammatico, dice, lo fa sostanzialmente per caso. Lui pensava di essere più adatto per il comico, perché fa ridere gli amici e i parenti. Però ha una certa sensibilità che funziona sul drammatico e ha “un viso marcato, a disposizione di tante cose”. Un viso a disposizione, disponibile, aperto. Questo sua definizione mi piace molto, la trovo calzante per ogni attore. Ogni attore dovrebbe essere a disposizione, aperto agli eventi, al presente.

Ah, in tutto questo, mi sono andato a vedere i vari significati di impegno. Così tanto per non farmi mancare nulla. Penserete, ammazza, questo la domenica mattina non ha proprio una mazza da fare!…forse, stamattina sono in balia delle note di Benny Harper e di una telefonata, ops, è la mamma che mi chiama. E mentre rispondo a lei, eccovi l’impegno.

n m impegno

1  obbligo, vincolo, promessa di fare una cosa

2  incombenza, compito, attività che si deve svolgere

3  zelo, diligenza, impiego delle proprie energie nello svolgimento di qualcosa

4  coinvolgimento, dedizione ad attività politiche o sociali

Ok, telefonata breve e indolore. Possiamo riprendere le fila del discorso. Ora manca un minuto e quaranta alla fine dell’intervista e finalmente arriviamo al punto. Vi ricordate il titolo del Corriere? “Favino e De Sica: «Bello avere dei maestri, ma richiamo di res…” – a parte l’errore di battitura, credo che richiamo stia per rischiamo…piccolezze, vabbè. Ma cosa dice qui PFF? Una cosa che mi ha fatto ridere sotto i baffi. Oddio, più che altro sotto l’accenno di barbetta incolta che ho in questi giorni. Mi ha fatto sorridere perché ho avuto una discussione giusto qualche giorno fa, durante un pranzo con mio padre, proprio sullo stesso argomento: i padri e il cambio generazionale. “I padri sono cambiati…se noi siamo i bamboccioni, dall’altra parte ci sono i pupazzoni.” Settanta-ottantenni che si atteggiano e si comportano come cinquantenni, anche grazie alla chimica o alla chirurgia estetica per alcuni. Sono loro che dicono “tu sei piccolo” o quanto meno, lo pensano. Perché, pensiamoci, dice sempre il nostro PFF – se noi siamo piccoli, allora significa che loro sono ancora sulla breccia. I comandanti della nave sono ancora loro. Tu non sei ancora all’altezza di prendere il timone. Loro hanno più esperienza, ne hanno viste di più – Ci mancherebbe, d’altronde. Ma se ribaltassimo il pensiero? Se tu, figlio, sei grande, allora io, padre, sono nonno. Ma non mi sento nonno. Non si sentono nonni, i papà chimicamente modificati. Certo, sicuramente non sono nonni come loro li immaginano. Nella loro mente hanno l’immagine dei nonni che loro hanno avuto, persone al termine del loro processo creativo e vitale, persone con poca energia e voglia di vivere, forse. Ma un nonno degli anni ‘50/’60 e diverso da un nonno dell’era dell’Ipad. Forse dovremmo coniare un nuovo termine per loro, per salvaguardare il loro amor proprio: chessò, i padroni? No, suona male e certo non è ciò che vogliamo. I papponi? Ah no, questi ci sono già, e sono pure tanti. I padri+ (tipo google+?) no, cazzata, e comunque al momento google+ non è di gran moda. Che ne dite di granpadri? Tipo i grandfather anglosassoni, che si differenziano dai bisnonni /grandgrandfather? Mmm…mi sa che finora non ho trovato nulla di interessante! Qualche idea? Parliamone!

Ma allora, cosa propone PFF? Propone di ammazzare (metaforicamente s’intende, sia chiaro) i padri, quelli che occupano i posti più importanti. In Italia. All’estero lo fanno già, forze nuove, aria nuova. Molti per non commettere quest’omicidio virtuale vanno all’estero, dov’è possibile ed è meno traumatico. La fuga dei cervelli. Come se stessero scappando da qualcosa. Ecco, forse scappano dal loro omicidio. Qual è la paura? È sentirsi in naftalina, come loro pensano, o sentirsi abbandonati in un ospizio? No, nient’affatto. Ci sono mille modi per collaborare, ma facendosi un po’ da parte. Quanti sono i padri che hanno accettato di essere uccisi (metaforicamente)? È un atto d’amore, farsi ammazzare per i figli. Ma per alcuni c’è ancora troppo ego, ai piani alti: noi vi abbiamo fatto, noi vi distruggiamo. Il mondo è cambiato, sta modificandosi continuamente e se non si trova una mediazione saremo travolti, padri e figli. Perché altre generazioni, di altri paesi, di alte etnie, di altre culture, sono più pronti e più famelici. E sono meno gentili con chi non è pronto. I maestri hanno bisogno di essere ammazzati. La crescita di una società passa attraverso questo processo. Muore Steve Jobs, ci si chiede subito chi prenderà il suo folle posto. Ibrahimovic è stanco e demotivato? Ce ne sarà un altro, più forte, più pazzo e più motivato che avrà Ibracadabra come esempio da seguire e superare.

La clip è finita. Ritorno ad Itunes. Play…un paio di secondi di attesa e poi Ben, ancora. I want to be ready, traccia 06.

Grazie Picchio (mi permetto di chiamarti così, anche se non ti conosco – spero non ti dispiaccia. Ma apprezzo la tua umanità e ti reputo vicino). Un grazie anche a Ben per avermi accompagnato questa mattina.

Un abbraccio a tutti coloro che hanno speso qualche minuto della loro preziosa vita per leggere queste parole. Steal my kisses.

Link della video-intervista di Pierfrancesco Favino:

Soundtrack of the day:

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1 commento su “Papà, t’ammazzo! I Maestri, Favino e una domenica mattina a Milano”

  1. ..per un giorno erano tutti stanchi e affamati..poi era venerdì e a milano tutti a fare l’ape..
    mi viene in mente il film “American Beauty” ..mi pare dicesse più o meno così.. “voglio un padre che mi faccia da modello e non un ragazzino arrapato che spruzza nelle mutande”
    a tutti noi è mancato un padre modello..ci siamo identificati in qualcuno più fragile di noi..qualcuno che cercava appoggio in noi, incurante del fatto avessimo solo 2 o 4 o 10 anni..papà! dammi una identità! cosa vuoi che faccia, chi vuoi che diventi? ora, ci chiedono di distruggere i nostri eroi, di non averne, come dargli torto? la mia smemoranda delle medie (santo cielo!!!) citava: se incontri buddah uccidilo..
    a parte che se avessi incontrato buddah sarei su una spiaggia di Goa con mantra e giovinastri indiani e tibetani che meditano al mio fianco..ma ahimè..
    un giorno mi accorsi di me..
    mi dissero che quel modello lo dovevo uccidere perchè fuori di me..mi dissero di guardarmi dentro, di scoprirmi, di amarmi, di abbracciarmi. a questo punto non potevo uccidermi!
    potevo essere ciò che volevo, ciò che amavo, ciò che sognavo, ..solo essere.
    ..ora le parole si fanno sgrammaticate..avrò fatto degli errori?
    Sono felice di aver incontrato il tuo blog,

    http://www.youtube.com/watch?v=PHYdD7UcCeA&feature=share

    notte

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