Quella dannata paura di essere se stessi

A Settembre tutto riparte, le vacanze terminano o stanno per terminare e ci sono sempre i buoni propositi per la stagione che viene e che, purtroppo in un battibaleno, va. Ad agosto, tra un mojito e bicchiere di vino, tra una grigliata di pesce e un’altra, arriva sempre il momento in cui si ci confronta con il nostro presente e con le mutevoli future possibilità che la vita ci pone.

Bene, spesso queste alternative, questi momenti di “svolta” (quanti di noi durante la pausa estiva non si sono detti “è ora di cambiare pagina, ci vuole aria fresca!”) si scontrano sempre e in modo puntuale contro uno scoglio grosso e pesante: la paura. La nostra dannata paura del nuovo, dell’ignoto, del “non so”. E’ il dubbio che blocca, il dubbio che 

frega in certe occasioni. Ed è sacrosanto avere i dubbi, come diceva David Hume. Bisogna solo fare in modo che il dubbio sia un fattore costruttivo e non distruttivo. Per questo è importante lavorare sulle nostre paure. Limarle, limitarle, affrontarle. Affrontarle con rispetto per sé, avendo cura di sé. Perché si tratta di una trasformazione, di una rivoluzione per alcuni, che richiede cura. E profonda disponibilità al cambiamento. Un attore lavora ogni giorno sulle proprie paure, cerca di affrontarle nel miglior modo possibile, con la giusta leggerezza e con la giusta profondità. Sì, una sorta di ossimoro, lo so. Ma è un modus operandi necessario. Conoscere le proprie paure è uno dei nodi più importanti e decisivi per conoscere se stessi. E conoscere se stessi è un viaggio straordinario: per quel che ne so, è il viaggio più creativo, avvincente e interessante che ci possa essere al mondo. E solo tu puoi farlo, questo viaggio, nessuno lo può fare al posto tuo. Soprattutto per questo credo che fare onestamente l’attore sia il lavoro più bello del mondo. Ma per farlo, tanti sono gli ostacoli e tante sono le difficoltà. Io sono in viaggio, il mio viaggio è cominciato relativamente da poco, e chissà dove mi porterà, anche perché i venti cambiano in continuazione.

Qualche giorno fa ero in Sudafrica, nell’esatto punto in cui si dividono l’Oceano Atlantico e l’Oceano Indiano, chiamato Cape Agulhas. Un luogo di per sé anonimo se non fosse per quel dato geografico. Solo qualche masso a dividere due grandi Oceani. Eppure, se si guardava con cura e nel silenzio, potevi distinguere le due maree, completamente diverse: una burrascosa, inquieta (l’Atlantico) e l’altra più quieta e apparentemente più calma (l’Indiano). Un luogo affascinante e solitario. Luogo di frontiera, borderline. Luoghi incredibili per ogni attore. Luogo tenebroso e legato a nomi “paurosi”, luogo cimitero di numerose navi, ma anche zona tra le più pescose al mondo. Sono salito su un grosso masso che divideva queste acque, ho chiuso gli occhi e mi sono messo in ascolto, è stato un momento unico. Fatto di sale, di vento, di acqua e di me. E’ stato un momento che mi ha connesso con qualcosa che va al di là di ogni dato concreto. E’ stato uno di quei momenti interiori, unici e solitari, energeticamente potente e presente. Un momento che ti connette con il divino.

Conoscere se stessi è come viaggiare su quelle acque paurose, è un viaggio pericoloso, ma denso di ricchezza. Conoscere se stessi richiedere forza, maturità e disponibilità a lasciarsi andare e guidare dai venti. Conoscere se stessi è un lavoro. Duro, costante, estremamente affascinante per sé e per gli altri. E’ il lavoro dell’attore. Un lavoro che ogni giorno ti può mettere in contatto con il divino, con l’apollineo e con il dionisiaco, attraverso i modi più disparati, siano essi Oceani o piccoli fari posti sulla prima americana.

Andiamo, è ora! Paura, dove sei?

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2 commenti su “Quella dannata paura di essere se stessi”

  1. jessica casadio

    Ciao Luca
    in questo articolo rivedo molte delle mie riflessioni post-vacanze.
    Quest’anno sono stata in Thailandia, e quando si fa un bel viaggio ci si ferma… ci si distacca da un mondo veloce e rumoroso e nascono i pensieri forse a noi più utili.
    E i pensieri utili sono quelli che davvero appartengono a noi stessi, liberi dalle catene del conformismo…Fare teatro significa cercare la PROPRIA VOCE e i tesori scoperti durante il percorso artistico si custodiscono anche nella propria vita.
    E tesori che ancora ho da scoprire sono infiniti….
    Jessica

    1. Ciao Jessica!
      Hai già detto tutto tu. Scoprire la propria voce è un tesoro increbidile che piano piano cerchiamo di scovare, scoprire, riscoprire e vivere. E questi nostri tesori sono privati, personali che partono dal percorso artistico, ma che rimangono indelebili soprattutto nella nostra vita di tutti i giorni.
      Il percorso artistico e creativo è liberatorio e ci permette di ascoltarci, in silenzio, come seduti su una pietra in mezzo al mare, e si ascolta il nostro respiro. E si fa piazza pulita di tanti piccoli nodi che si formano nella nostra mente…
      E come dici tu…questi nostri tesori sono infiniti e sono dentro di noi…e ne abbiamo ancora tanti da scoprire!

      Eh…un’ultima cosa: fichissima la Thailandia!
      Un giorno spero di andarci anch’io!!!!

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